La reazione di un ospite recente al contenuto del mio garage è stata estrema: come se la porta che si apriva rivelasse non un’auto, ma qualcosa di selvaggio e selvaggio. All’interno sedeva una Lancia Delta HF Integrale Evo, un veicolo la cui forma fisica smentisce il suo peso emotivo. E mentre l’entusiasmo di quell’ospite è palpabile, la mia decisione di venderlo dopo 24 anni sembra una resa.
Per decenni, l’Integrale ha rappresentato l’apice dell’ingegneria nata nei rally. La versione Evo, in particolare, era una macchina bestiale: dallo stile aggressivo, realizzata meticolosamente e brutalmente efficace sia sullo sterrato che sull’asfalto. Ne desideravo uno sin dal dominio dell’auto nei rally del Gruppo A tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Il mio obiettivo era una Evo 1, l’ultima Integrale costruita secondo gli standard di omologazione FIA.
Nel 2001, i prezzi erano scesi dalle 25.000 sterline originarie a poco più di cinque cifre sul mercato italiano. Un impulsivo giro di prova a bordo di uno straordinario modello Giallo Ferrari lungo il Lago di Como ha segnato il mio destino. Nel giro di pochi mesi la guidai da Dover a Edimburgo, dove divenne il mio autista quotidiano.
Quel tragitto non era solo un mezzo di trasporto; è stato un privilegio. Le strade poco trafficate della Scozia, soprattutto nella zona dei confini, sembravano una continuazione delle tappe del RAC Rally che hanno definito l’eredità dell’Integrale.
L’auto ha inavvertitamente influenzato anche la mia carriera. Ne ho parlato in un concorso di automobili, anche se il feedback dell’editore non è mai arrivato. Successivamente, spinto a dedicarmi al giornalismo automobilistico, ho trascorso anni lavorando a Londra mentre l’Integrale rimaneva parcheggiata in Scozia.
Vendere è come lasciare andare un pezzo di storia, ma è giunto il momento di passare il testimone. L’Integrale merita un guidatore che apprezzerà appieno la sua miscela unica di potenza, tradizione ed esperienza di guida cruda.
